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Usa e …non gettare

Da quando son nato ho seguito a ruota mio fratello Lino, fin dal primo giorno. Nella mia crescita fisica, son passato attraverso tutte le sue fasi: statura, scuola, giochi… , ho raccolto (ovviamente i miei genitori lo hanno fatto per me ) ed usato quel che a lui non serviva più, quasi fino all’età di 14 anni.

Un ago, un paio di forbici ed un pò filo, in mano a mia madre Caterina, che non era una sarta , ma che sapeva sbrogliarsi, han fatto sì che non mi sono mai mancati pantaloni, camicie, e magliette, e neppure i libri e i giochi. Tagliava colletti ed accorciava le maniche, e non sentiva il bisogno di andare in un supermercato ad ogni cambio di statura, e ogni anno.

Sono nato ai “tre scalìn”, un’osteria di Savigliano. Ho potuto bere il vino molto presto, senza doverlo mendicare; ma mio padre Pierin, l’oste, non l’ ho mai visto ubriaco, neppure una sola volta.

A 6… 7 anni mangiavo tutti i giorni al ristorante “le due bare ‘d fer”: dato che la mia famiglia da osti eran ormai passati a ristoratori.

Tutto questo solo per dire che non mi è mancato il cibo necessario e neppure il vino.

Però ho imparato a ricuperare tutto e a non buttar via nulla, e nel piatto non si può avanzare neppure un boccone.

Dai 33 anni in poi, fino a 76, cioè da quando vivo in Africa, quanto a pantaloni e magliette ne ho avuti in abbondanza, me li son sempre scelti fra centinaia di capi, di colori e di modelli diversi; persino …strappati, se proprio li volevo, alla moda. Non avete l’idea di quanti ce ne stiano in un container, come imballaggio; chiedetelo a Marina, Fabrizio ed Alma, Lia e Lino, Maurino, Piera e Rinaldo, Antonella, Matteo, d.Aldo… 45 anni senza comprare un abito, a parte rarissimi casi in cui qualcuno voleva assolutamente farmi un regalo.

Anche per il cibo non ho avuto nessun problema particolare (beh, il vino… sì! è qui che il figlio dell’oste è stato provato; comunque si può vivere anche senza ). Nell’Africa normale non si muore di fame! di terre e di campi ce ne sono, non per nulla è qui che i paesi ricchi vengono a imporre le loro pianatagioni, addirittura per i loro animali; il deserto del Sahara ed il Sahel son casi particolari e molto limitati. L’Africa normale: cioè quella senza la presenza delle armi occidentali, senza la presenza delle multinazionali.

Nella mia vita ho avuto tutto quanto mi era necessario per vivere bene, ed anche di più. Non lo dico per farmene un vanto e neppure per rimproverare od accusare qualcuno; è una semplice costatazione che posso fare oggi, mentre dò un sguardo sereno sulla mia vita.

Fare questa lettura, da qui, seduto nel cortiletto di Muhanga, mi fa sentire meno estraneo. C’è un po’ d’Africa in tutto questo cammino, anzi molta Africa.

Semplice e dignitoso uso e ricupero…, che è l’opposto dell’ usa-e-getta e dello spreco.

L’Africa che usa con moderazione, non spreca e vive.

Sì, perché l’Africa non è più (ma lo è mai stata?) il moretto mendicante che per vivere aspetta la nostra elemosina: quest’ immagine che piace ancora a molti, ma che è falsa, andrebbe finalmente cancellata dalle nostre teste. E questo andrebbe insegnato nelle scuole e predicato nelle chiese. Quest’immagine persiste solo perché fa comodo a chi gestisce un’econimia mondiale per proprio uso e consumo; l’ho sentito in un documentario e lo condivido pienamente.

Questi pensieri mi sono venuti mentre guardo la tv e mi guardo attorno:

* la TV francese ci avvisa che abbiamo già consumato tutto quanto la terra ha prodotto per quest’anno; e quindi dice che a partire da questo inizio-agosto consumiamo già quel che la terra ha preparato per l’anno prossimo e …ci servirà; addirittura ce lo dice la TV.

* Intorno a me che vedo?

– stamattina, un bel gruppo di bimbi che mangiano la pappetta, al posto del cucchiaino usano una foglia d’albero, felicissimi.

– vedo Safi ed Helèna che fanno il bagnetto alle loro due bimbette, Sara e Gloria, in un’unica bacinella, unica saponetta e unica spugna, con 15 litri d’acqua.

– vedo i ragazzini dell’alfabetizzazione che scrivono sulla lavagnetta tenendo tra le dita un centimetro di gesso, ed hanno un’ottima grafia

– all’officinetta meccanica, la mola che lavorava da 10 anni s’è bruciata: JeanPierre con una matassa di filo l’ha ribobinata; non durerà un secolo, ma per il momento funziona benissimo, da due settimane.

– giovani, mamme e papà l’altra mattina, dalle 6 alle 10, hanno trasportato sulla testa, tantissime pietre e pietroni, una montagnetta; tre giorni dopo, han trasportato la sabbia, e poi i mattoni: il necessario per costruire un’altra sala del dispensario, senza i cashetti protettivi e senza guanti.

Se ce la fa una società senza mezzi, ma con la saggezza e le astuzie che avevano anche i nostri nonni,…. che cosa non potremmo fare noi con tutte le tecnologie che abbiamo in più ?

Luisa rientra a Brescia. Su una parete della casa ha dipinto il terzo murales: un’ altra scena di vita quotidiana. Stiam diventando come Usseaux o altri paesetti delle montagne pinerolesi, tutti colorati. Credo seriamente, e me lo auguro, che queste scene per moltissimi anni qui a Muhanga continueranno a vedersi nella vita e non solo sui muri, non per … destino, ma per scelta cosciente.

E mi auguro che in Italia si moltiplichino i sognatari che faccian scendere quelle scene dai muri freddi e le restituiscano alla vita, sulle strade, alla fontana, al forno. Forse allora sarà tentato di fermarmi un po di più lì.

padiri G.

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