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MAPENDO


Non posso dimenticare quel lontano pomeriggio, anni 2005…2006.

Mwenge Joseph, giovane papà, coi piedi a terra e testa sempre presente, mi viene incontro:

-padiri, Mapendo mio figlio stamattina è andato a scuola, ma non è più tornato a casa! …mi han detto che l’han visto partire con il gruppo dei maimai, che son qua sulla collina.

Mapendo aveva allora 10 anni.

Me l’ha detto sorridendo. Solo io, e chi conosce bene Joseph, sapevo che cosa era quell’energia che riuscì a trasformare il tutto in un sorriso.


In questi ultimi tempi abbiam fatto incontri e discorsi: discorsi semplici e discorsi altisonanti, tutti molto importanti; e si è parlato en passant anche di “bambini soldato”.

P.Giulio ne ha fatto un articolo per l’Osservatore Romano; Antonella e d.Tonio, ma specialmente Marina mi han convinto a non disertare la conferenza stampa, …; ma per la maggioranza, "quello" non era che un dettaglio, in mezzo a questo pantano di diamanti-coltan-soldi che è la nostra (europea) guerra del Kivu: migliaia di bambini e ragazzi soldato che vorrebbero tornare a casa, e pochi o nessuno se ne interessa.




Mamma Ermelinda lo mise al mondo, Mapendo, quando lei aveva ancora sulla schiena, un bimbo di due anni, macrocefalo. Una bomba di affetto racchiusa in un corpicino martoriato; tanto grande quella testa quanto grande il sorriso del bimbo. La mamma, per sostenere la testa del bimbo doveva avvolgerla ogni giorno con delicatezza estrema nel kikwembe dietro la schiena, e poi andare a zappare nei campi, raccoglier legna e patate, trasportare, e cucinare…

Un bambino sulla schiena di Ermelinda ed un altro bimbo sulla schiena di Joseph; ogni giorno nei campi, quotidianamente calpestati dai fucili, fabbricati dall’uomo, per soldi.









Mapendo in kiswahili significa amore. I genitori forse intuirono il peso di quell’amore. Noi diciamo che l’amore non ha limiti! forse non è del tutto così. L’amore è una realtà divina, e finché ce l’abbiamo nelle nostre mani umane i limiti possono prevaricare.



Lo fa ben vedere questa società, che si fa incantare da lampadine, colori artificiali, e fracasso…

Non fu difficile per quei ragazzotti maimai convincere Mapendo a …lasciare spazio: anche l’amore è un mistero.

E poi…, diciamo tutto! Per un piatto di fagioli assicurato, un bimbo fa anche questo: oggi nel 2023.


Per anni l’abbiamo cercato ovunque; lui preferiva non farsi vedere, girava lontano.

Abbiam cominciato a vederlo quando aveva frequentato ormai i vari gruppi ribelli, ed infine era passato nell’esercito governativo.

Lo incontrai più d’una volta alle barriere di controllo; non si nascondeva più, e veniva volentieri lui a togliere la sbarra dalla strada, si faceva vedere! anche di fronte alle nostre parole non si esprimeva; un volto duro da cui non usciva sorriso, sforzo enorme! anche questo si vedeva. Tristezza infinita.


Finalmente tornò a casa: giovanottone robusto. Come ci sia riuscito lo sa solo lui, penso che anche in questo ha fatto tutto di testa sua e con le sue forze.

Passò a casa, ma non si fermò; certamente non si sentiva più degno, sapeva quanto dolore aveva recato in quella capanna, ne era cosciente.

Quanto mi sarebbe piaciuto vederlo quando si trovò faccia a faccia con la mamma. Ermelinda è sempre stata l’incarnazione della dolcezza, sorrideva anche il giorno in cui fu violentemente picchiata sulla testa col macete, da un ribelle.

Ora lui voleva solo lavorare, lavorare duro. Si sentiva robusto come un bufalo e voleva dare un’altra direzione alle sue forze, puntare altrove.


Il fratello intanto era già tra le braccia di quel Padre, che ci spiegherà il tutto.

Papà Joseph lo aiutò a trovare un campo; per un bel po’ di tempo volle restare solo. lo vidi più volte, con la zappa su quella terra che gli dava modo di sfogarsi senza…far male a nessuno.

Un bufalo!

E trovò pure una moglie.



Ma non tutti restano bufali. Tutto sommato Mapendo ne è uscito; ma moltissimi restano distrutti.

Emmanuel, aveva 17 anni, da qualche settimana era con noi a Muhanga, guardia del corpo e attendente del colonnello, nell’esercito governativo, in regola e pulito.

Eravamo soli, non si vergognava e si mise a piangere come un neonato, voleva andare a Goma e cercare la sua mamma. Non sapeva nulla della sua famiglia, se ancora era viva.

Quando aveva 7…8 anni, scappato con la massa di rifugiati ruandesi, vagava per Goma. Lui ricorda che un gruppo di maimai lo raccolse, e se lo portò insieme.

Dopo alcuni anni Emmanuel uscì dai maimai e l’esercito lo arruolò.

Singhiozzava, non faceva scenata, mi chiese di dirglielo al colonnello. Glielo dissi.

Ma il colonnello, ch’era pure …abbastanza umano, fu irremovibile.

-nessuno l’ha obbligato, ora deve restare al suo posto!









Scrivevo questo nel 2010. Andate a leggere sul nostro libro “Muhanga” a pag 111, quanti anni son passati? nulla o quasi è cambiato.

Dov’è oggi Emmanuel? cosa ne è di lui? a chi interessa?

Ancora oggi mi rimprovero di non esser stato più duro con il colonnello; ma ero anch’io anch’io …un piccolino in mezzo alla foresta…

La guerra è anche questo.

padiri G

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