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A spasso con Carolina

  • giuseppeaurea
  • 29 ago 2012
  • Tempo di lettura: 2 min

È pomeriggio! Un tempo finalmente clemente concede un po’ di sole tiepido e, insieme, il richiamo ad uscire e muoversi attorno al villaggio

Un po’ per sfuggire al costante assedio di bambini, un po’ per curiosare attraverso il fitto reticolo di sentieri che legano tra di loro le proprieta’ e definiscono i “quartieri” di residenza.

Ci inerpichiamo su per le colline in direzione di Bunyatenge.

Sono le 16: in prossimita’ del margine estremo del sentiero, prima di affrontare la discesa verso quel villaggio, risalgono alcune donne dai campi con il consueto carico di fatica che è, insieme, anche paga giornaliera a tanto sudore.


Appare Karolina ! il suo sguardo si apre alla sorpresa nel vederci e poi al sorriso: sulle spalle la stoffa multicolore, e multiuso, racchiude vyazi e taro’ appena raccolti .

Ampi gesti vanno ad indicarci che ci troviamo in prossimita’ della sua capanna e il suo “karibuni” sottolinea il piacere di una nostra visita e l’impossibilita’, per noi, a sottrarci a questo desiderio.

Trascorreremo insieme piu’ di un’ora nella piu’ totale incomprensione reciproca della lingua, nella piu’ totale adesione al linguaggio dei gesti e del corpo che sa tradurre l’impossibile comunicazione verbale con abbracci festosi, strette di mano affettuose, schiocchi di lingua, vocalizzi gioiosi, passi danzanti.

Karolina ci conduce nella sua kiwanja, ci precede con passo veloce, poi si volta, si inchina al nostro avvicinarci e ci offre l’ ennesimo “karibuni!”: l’ accoglienza solenne ed ufficiale in casa sua.

Ci mostra cucina e capanna, e poi prosegue veloce verso la “parcella”, che costituisce la sua proprieta’.

Seguiamo i suoi passi agili: Carolina si muove su piedi scalzi, con movenze eleganti, quasi volteggiando, e parla… parla… e parla…

Si sofferma e attende.  China il capo verso il mio, comprende la mia assenza di comprensione e ride…; congiunge le mani e poi riprende con balzi saltellanti il sentiero; pare una gazzella e mi fanno arrossire i suoi agili 60 anni!

Il periplo della proprieta’ e’ stato visitato, e a questi ospiti un po’ storditi dalle parole e un po’ impacciati sul da farsi, Karolina continua a dire il suo “aksanti”.

E’ un giorno solenne per lei: un proverbio nande dice più o meno così “una casa che non ha mai accolto un ospite non è una casa di uomini”

Ma l’accoglienza non è ancora terminata; riempie un sacco di patate dolci e banane da portarci a casa, o meglio, che sara’ lei a portarci a casa con il peso del dono sulle  sue spalle.


E questa sua contentezza val bene un ampio giro “nel quartiere” dove risiede, tra le capanne dei vicini.

Intuisco, nell’incedere del suo passo, che precede il nostro, nella fierezza e prontezza del suo saluto, l’orgoglio di essere stata visitata dai “wazungu”.

Nella spontaneita’ e semplicita’ di questa sua gioia, ritrovo la “perfetta letizia” del povero che si riconosce ricco quando sa e può incontrare l’altro.

Patrizia

 
 
 

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