ARSENI
- giuseppeaurea
- 4 mar 2013
- Tempo di lettura: 3 min
Non un panegirico, ma lasciate che condivida con voi quel che penso e sento del nostro Arseni.

Lo ha messo in questo mondo una mamma un po’ così.
E lui con quel che aveva e che era si è costruita la sua vita.
Quel che ha fatto di bene o di male se l’è sempre assunto; senza vana gloria e senza buttare le sue colpe o debolezze sugli altri; senza piangersi addosso.
Non ha dato ascolto a nessun psicologo.
Non ha attirato o cercato compassione; ha cercato e offerto amicizia.
Non una vita perfetta. E neppure tanto ordinata. Non una vita sprecata.
Ma davanti a Dio potrà dire, e penso glieLo ha già detto: la vita se l’è costruita lui con le sue mani, facendosi accompagnare da amici.
Non so che cosa gli sta dicendo il Padre; ma so che lui, cercando di spiegarsi, e questo lo farà di sicuro, non sta riversando le sue colpe su nessuno di noi.
Di noi tutti dirà una cosa, che lo abbiamo aiutato e gli siamo stati amici … tutti.
Io, …anche se gli rimprovero tanti atteggiamenti sbagliati, su questo lo ringrazio e lo lodo.
Un grande merito.
Una vita tutta sua, costruita con errori e fatiche, ma inserita e condivisa con gli altri.
Questo è stato Arsen.
Tra i miei primi figli che ho avuto da Dio, in terra africana; il primo a Lukanga.

A Lukanga fu tra i primi ad accogliermi. Un bimbetto di 12 anni, ma ne mostrava 6, come tutti i bimbi un po’ lasciati a sè.
Il primo che ha cominciato a parlare italiano, stupendoci tutti, addirittura qualche frase in piemontese quand’era con Lucio e Anna, genitori che si è scelto.
Era tra quelli che la mia prima sera a Lukanga, col naso schiacciato sui vetri della finestra, appena vide che avevo finito di mangiare entrò in casa. Mi chiesero se potevan restare qualche minuto; abbiam chiaccherato, han cantato e poi, con loro, ho « detto il bin » che mi ha insegnato mamma Caterina: le preghiere della sera.
Chi viene oggi a Muhanga porta via con sè tanti ricordi, e tra questi il bel gruppo di bimbi che ogni sera viene a cantare e pregare insieme ; momento che si vive da quarant’anni.
Ebbene, l’inizio fu quello là.
C’erano Giovanna, Goretti, un altro Arseni, Maria e lui.
Alcuni genitori, sapendomi solo, avevano mandato alla missione i loro bimbi per tenermi compagnia; temevano che mi venisse la nostalgia di casa.
Ed Arsen, senza genitori, anche lui solo, si era intrufolato.
Ed ha continuato ad intrufolarsi, sempre tra i primi, quando voi siete venuti a conoscere l’Africa di Lukanga.

Per raccontare tutto quello che ha fatto Arsen, dopo, ci vuole un scrittore.
E salterebbe fuori un romanzo con tutti gli ingredienti che gli scrittori sanno sempre metterci.
Due settimane fa abbiam chiaccherato molto ; era appena rientrato dall’ospedale: si era ripreso un po’, ma stava molto male.
Non mi chiese un soldo per le cure, e ne aveva bisogno. Mi disse che stava conoscendo ed imparando la vita, ma era …un po’ tardi, mi disse. Uomo, cosciente e dignitoso.
L’ho rivisto martedì, in ospedale. Parlava ma non aveva più voglia di raccontare, era stanco. Sapeva ! La figlia Bahati era distrutta.
Venerdì mattino mi è arrivato il messaggio: Arsen è morto.
Gli amici, il gruppo di quelli che sono ancor chiamati i ragazzi di Giovanni, hanno organizzato tutto il dopo.
Perchè, al di fuori di Jeanne la moglie, Jacques e Bahati, i figli, Arsen non aveva la famiglia larga, che in Africa tutti hanno.
Ma in realtà la famiglia grande Arsen ce l’ha anche lui.
Lo sentiamo « uno dei nostri » : voi che avete scritto su internet o in altro modo, Graziella, Concetta, io e … voi che leggete.
Arsen, so che ci rivedremo, tutti insieme, con il Padre.
Padiri G.
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