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fame ...in Africa ?



È passato un elicottero qui sopra, e se n’è andato; è stato immediato e spontaneo alzarmi, uscire sul balcone, e guardare in alto.

Perché in tutti questi ultimi tempi (25 anni …) l’ho fatto tante volte! Tre o quattro volte, ogni settimana.

Erano elicotteri bianchi, dell’ONU: sorvolavano i nostri alberi, capanne, campi, facevano un cerchio o due sulle nostre teste e poi rientravano a Goma.

Noi puntavamo gli occhi in sù per qualche minuto: non ero mai solo, facevamo qualche commento, i ragazzini interrompevano i giochi, e poi tutti riprendevamo la vita di Muhanga.



Nei nostri villaggi si alternavano i vari gruppi di ribelli, maimai, nduma, mazembe, e ogni tanto anche apc, fardc… l’esercito del cosidetto governo: controlli di sicurezza!

Pensate! qualcuno sapeva ch’eravamo lì. Oltre a voi che venivate.

Elicotteri monusco, UN del contingente Indiano, contingente Sudafricano, contingente Bangladesh, contingente Ucraino…

Oggi da questo lungo balcone vuoto vedo il grande cortile vuoto, con qualche macchina parcheggiata, qui sotto.

Rientro in camera, e raccolgo un po’ di pensieri.






Nei telegiornali di questi giorni qualcuno dice che “ci saranno problemi di fame in Africa!”, conseguenze della guerra in Ukraina.

“Oh ! qualcuno riprende a parlare di Africa!”

Anche MOSAICO DI PACE, rivista di Pax Chriti, cerca di focalizzare: nel numero di aprile, dedica lo spazio centrale a titoli interessanti: Africa, figlia maggiore – l’Africa qui: idee e percezioni degli italiani sul continente africano.

E quindi aiuta a riflettere: quale Africa nella testa degli italiani – la forza spaesante per il futuro del pianeta – eredità negativa del colonialismo, strade di un cambiamento possibile – ecco il volto bello e possibile dell’Africa, oggi …..

L’Africa è lì: qualcuno ci vive, qualcuno pensa, qualcuno racconta.

E molte cose non quadrano.










I primi anni vissuti in Africa li ho passati a Lukanga: la missione più piccola della diocesi, oltre cento piccoli villaggi. La gente coltivava fagioli; nei mesi di marzo-aprile c’era un bel raccolto ed i commercianti di Butembo (e altri…) venivano a comprare, a prezzi stracciati.

Ci organizzammo in cooperativa: riuscivamo a comprare, pesare e insaccare:

-buon prezzo per la gente che ogni mattino arrivava col fagotto in testa; e

-buon prezzo per il commerciante, che in una sola mattinata poteva caricare 240 sacchi confezionati e col camion-rimorchio (e poi, col battello sul fiume) trasportarli a Kinshasa, la capitale distante 2.000 km.

Nel campo comunitario della missione riuscivamo a coltivare e raccogliere 30 sacchi di fagioli e 30 di mais.

C’era cibo per noi e per gli altri..


Negli anni successivi con il progetto Waibrahimu ci siam spostati a Muhanga, territorio di Bingi, ai margini della grande foresta, dove il vescovo Kataliko sognava di spostare le famiglie delle zone sovrappopolate di Masereka, Luotu, Lukanga…

A Bingi, Magherya, Luotu la gente coltivava frumento, tantissimo frumento: sementi naturali gettate a mano, terreno fertile, gente volenterosa e felice di coltivare con la zappa. Le mamme “macinavano” a mano sulla pietra, e la farina integrale di frumento dava più sostanza al bugali di manioca.

Noi portammo i mulini azionati da turbinette idrauliche…, una piccola rivoluzione: sviluppo dalla e della base, con le risorse locali, l’acqua!

Le patate coltivate abbondanti a Kipese, arrivavano sui mercati di Goma, Butembo e Beni…


Si potrebbe scrivere un romanzo su quanto mi raccontava fr. Maurice, un missionario assunzionista belga.

Ultimi anni della colonizzazione del Belgio: nei mesi di dicembre-gennaio, lui veniva a Lukanga; dalla nostra vallata di Kitshuku ed Ighomba, settimanalmente partivano camion-rimorchi stracarichi di legumi, carote, cipolle, carciofi, cavolini, zucche…, che la nostra gente (usando solamente mani e zappe) coltivava su quella meravigliosa terra. Terra che teneva sotto, ancora nascosto, coltan, cobalto, oro e diamanti.

Con una notte ed un giorno di viaggio raggiungevano l’aeroporto di Kisangani, ed il mattino dopo sui mercati invernali di Bruxelles i belgi mangiavano i freschi prodotti ortofrutticoli dell’Africa.

Regalo della “povera” affamata Africa.

Anni prima, io frequentavo le scuole medie, in questo seminario, dal cui balcone oggi guardo l’elicottero che passa.

Il prof che mi insegnava il latino e la storia delle guerre romane e guerre puniche, queste cose non le sapeva neppure lui, e ovviamente non ce lo diceva.


Negli anni ’90, in Africa spuntano altre nebbie.

A Lubero compare un progetto americano, Midema: sementi di frumento, selezionate in America e …regalate. Rendevano 4-5 volte di più che il frumento normale.

Midema costruì a Lubero, un bel mulino, grande. Anche l’ong “mondo giusto” ne costruì a Magherya e poi Kyondo, Mavoya e Rutshuru.

Fu anche il periodo dei nostri mulini: piccoli e numerosi, azionati con turbinette ad acqua.

La gente mangiava la ricca farina di frumento, con meno fatica.

A Kinshasa e sui mercati di città si trovava farina bianca, di frumento (che arriva ancora oggi dal commercio mondializzato) e non costava carissimo, …per chi aveva i soldi.

Sempre negli anni ’90 a Luotu, vicino a Lukanga, e a Katondi un progetto canadese faceva ricerche sulle patate e “insegnava” a seminar fagioli ordinatamente in filari, per produrre di più.

E’ in quegli anni che incontrai a Goma un giovane francese, della Fao, intelligente. Mi mostrò dei container chiusi, e mi disse “questi non li distribuisco; anche perché so che non ne manderanno altri”: contenevano concimi e prodotti fertilizzanti.


Finale:

Oggi in tutto il territorio non c’è più un metro quadrato coltivato a frumento.

La gente non conservava il proprio cestino di semi naturali, da ripiantare; tardi si accorse che un seme ibrido non si riproduce.

I fagioli che si coltivano a Lukanga servono appena per un pasto, quando basta.

Midema e i piccoli progetti americani e canadesi non ci sono più.





Primo (?) “perché”, e prima risposta:

dal 1995, (oltre 25 anni!) in tutto il Nord-Kivu, ed anche nel Sud-Kivu infiniti gruppi di ribelli circolano con i kalasnikof, e si alternano coi soldati, del Congo, del Rwanda, dell’Uganda…

Tutti hanno fame. Mangiano a sbaffo e rubano nei campi.

Chi li ha mandati? Chi li arma?

Non penso sia colpa del virus o dell’Ucraina.




La gente non riesce a coltivare e raccogliere. Eppure riesce a setacciare l’oro nel fango, e sbriciolare con le mani coltan, cobalto…. Lo fanno anche le mamme ed i bambini .

Sappiamo tutti che, qua e là in Africa, si trovano grandi terreni e fertili: piantagioni di tè , di caffè, di cacao; monoculture per carburanti bio e per allevamenti.


E' da secoli che l'Africa passa il cibo all'Europa!

Addirittura glielo cucinava!

Ce l'hanno mai detto?



Li "aiutiamo a casa loro”, oppure loro aiutano qualcun altro a casa sua?

Che ne dite?

“C’è qualcosa che non quadra”.



padiri G.

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