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CAMMINANDO...SI APRE CAMMINO

Ieri Alessandro è partito da Muhanga; rientra a Catania, dopo tre settimane intense, vissute in questo Congo infuocato.

Saluti ed abbracci, pieni di calore sincero: mentre prendevamo il caffè commentavamo fra di noi: “l’Africa ha quel qualcosa in più che non sai definire: è un dato di fatto".

Siam venuti in Africa insieme, a riprendere il cammino che vogliamo continuare a percorrere, insieme.

Noi, chi?

Noi che da anni, per relazionarci seriamente oggi con l’Africa, abbiam scelto di stare qua e venire regolarmente, creare un legame fraterno e non passeggero.

Chi più chi meno, ci siete tutti! Tutti quelli che lo vogliono.

Ultimamente mi son chiuso un po’, confesso! età, stanchezza, incapacità…?

Mi son messo più volte a scrivere per il blog: è importante tenerci informati-legati-svegli.

Quest’Africa c’è !! che ci piaccia o no, è anche frutto nostro, ed è anche nostra sorella.

Troppi bravi cristiani dimenticano facilmente quella domanda “dov’è tuo fratello?”

Alcune di quelle righe le riporto così come furono scritte, a caldo; appariranno anche scoordinate, perché i momenti vissuti cambiano rapidamente e son tanto diverse anche le sensazioni dentro.

In Italia vivevo in un’altalena pesante: partire o aspettare?

Il Nord Kivu diventa sempre più incandescente; é una ragione sufficiente per fermarsi?

Finalmente ho deciso: Luisa di Goma rientra il 16, parto con lei !

E poi da Catania, Alessandro che decide su due piedi: parto anch’io!

La prima settimana in Africa fu molto agitata; eravamo/eravate coinvolti fino all’osso, in molti. E non è stato facile mettere insieme tutte le reazioni.

E poi, è anche vero che, le ansie viste dall’Italia non sono le ansie vissute sul terreno, con chi è qua.

Due volte abbiam fatto andata-ritorno Goma-Butembo, in aereo.

E’ in uno di questi viaggi che ho visto un fiorellino: sui piccoli aerei da 15 posti, prima di decollare il pilota-comandante non fa la raccomandazione al microfono, no! lui esce dalla cabina, ci saluta e ci guarda in faccia; poi vede alle mie spalle una giovane mamma e aggiunge “siamo nelle feste di Natale, vedo lì una mamma col suo bimbo in braccio, son lieto di offrirle il viaggio gratis".

Sì, ci sono i motivi per sperare in un mondo più umano!

Comunque ci tenevamo in contatto con molti di voi; ci siam confrontati con amici, interessati e preoccupati per noi, anche con l’Onu. Tutto questo mentre la Farnesina raccomandava agli espatriati di “procurarsi viveri per 4-5 giorni, acqua da bere, chiudersi in casa…”

E finalmente … Muhanga! siamo arrivati da Mathias, Janvier, Gloire, Sifa, Katembo… contentissimi di vederci, e noi contentissimi di abbracciarli.

Lasciarsi trasportare dall’amicizia vera, in questi frangenti, vuol dire semplicemente vivere.

Le notizie ufficiali, se volete, potete leggerle facilmente su alcuni giornali e su internet.

Domenica 30 dicembre, abbiam terminato la Messa a Muhanga, mentre a Bunyatenge le votazioni si svolgono con calma dalle 6 del mattino. C’è un sole brillante e promettente.

Qui la sicurezza è garantita dal gruppo ribelle nduma.

I ribelli sono pesanti, hanno i fucili, riscuotono soldi e lavori forzati, … ma non ci sono scontri.

Gli altri gruppi ribelli nei dintorni, sono più di cento.

Quante sensazione circolano nell’aria ! Aria tranquillissima, ma senti che c’è qualcosa che non funziona….

A Butembo e Beni non si vota, ordine arrivato dall’alto, stranissimo e provocante. Il vescovo ha detto ai sacerdoti di non aprire le chiese, niente celebrazioni, niente riunioni; siccome c’è un grande spiegamento di fucili, si teme che qualcosa possa straripare, esondare.

A noi, che siamo in periferia, verso il sud, ha lasciato di scegliere, a seconda del clima.

Qua abbiam fatto l’Eucarestia per la festa della Santa Famiglia, Giuseppe, Maria ed il bimbo Gesù: famiglia normale, semplice, naturale…, come “era agli inizi” .

E’ bello esser qui!

Mi viene quasi da dire come Pietro "…facciam qui tre tende !!"

E quanto più bello sarebbe se ci foste anche voi, o almeno una rappresentanza. Portata avanti insieme, alternandoci.

Quando ne parlo con Katembo, Fidelina, Clementina, Janvier… e parlo di tutti gli sforzi che si fanno, e dei diversi aiuti che arrivan fin qua, tutti dicono che questo sarebbe di gran lunga il primo, l’aiuto più importante, il più serio.

Non sono un sognatore o un fuggitivo; mi sto semplicemente e realisticamente chiedendo cosa l’Italia può e deve far oggi per l’Africa, che cosa può dire e fare una comunità parrocchiale, una diocesi, a maggior ragione se ci diciamo seguaci di Colui che “è venuto ad abitare tra noi”.

padiri G.

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