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Api o passerotti ?

A Kinshasa sono in atto gravi disordini e morti. Lo schema prefissato da qualcuno (terzo mandato, costituzione, votazioni…) sta diventando attuale: Gabon….

A Beni i massacri con la macete e le asce, a pochi metri del campo Onu e dell’esercito, non trovano spiegazioni qua, e non trovano attenzioni lì.


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Marinella di Roma e Luisa di Brescia sono rientrate. Sono arrivati a Muhanga e ripartiti anche Rossella di Pistoia, Elena e Peppe di Modica. Siete stati un bel segno a Muhanga; Rossella, grazie anche come medico, competente e rispettosa. Tutte le vostre visite sono preziose per noi e per voi, e si definiscono sempre meglio. Credo che le vostre presenze qui siano il primo modo di “aiutare l’Africa”: incontrarci e conoscerci di persona. Ed é un bel messaggio difronte ad un mondo occidentale che si chiude sempre di più.


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Appartengono al passato alcune tappe che abbiam percorso: raccolte di soldi, spesso anonime, campi di lavoro gratificanti. Gesti che hanno avuto la loro importanza e che non van cancellati; ma che oggi non bastano più. Anche perché poco per volta si sta rivelando meglio chi è l’Africa, e qual’è il suo ruolo nel mondo d’oggi. L’Africa ha bisogno di mezzi materiali, per toglier pesi e sanare le piaghe, ha bisogno d’esser lasciata in pace, senza saccheggi e senza armi l’Africa ha molto da insegnarci sul come si può vivere sereni e felici abbiam bisogno di guardarla, conoscerla, incontrarla abbiam bisogno di riimparare da essa i valori della vita. Se l’Africa ti fa un innocente segnale sul telefono, non ritenerlo un disturbo e non cancellarti subito dalla sua lista.


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In questi mesi le visite ci hanno anche aiutato per non lasciarci demoralizzare, mentre seguivamo il penoso e lungo viaggio dei due containers, con dentro la turbina di Kanyabayonga. Ora i containers sono arrivati; il che ci ha dato modo di vivere momenti particolari che alcuni di voi avete seguite da lontano, col nostro stesso entusiasmo. A Kimbulu abbiamo scaricato le enormi strutture di ferro, pacchetti, trapani, strumenti vari, una poltrona per dentisti, pannelli solari a misura d’uomo, imballaggi tutti riciclabili, abiti usati che per mesi faran esultare centinaia di persone. Due muletti per metter dentro; centinaia di mani per tirare fuori. Mezza giornata per svuotarli. Risate e danze a non finire. Spingi ! tira ! sposta! La turbina è rimasta nel container che abbiam fatto scivolare sul camion di Kanyabayonga: 10 tonnellate di ferro massiccio tutte su di un fianco. Immaginatevi la torre di Pisa che viaggia su un camion, per 150 km di strade congolesi: curve inclinate, buche di mezzo metro, ponti con travi marce. Alla partenza nessuno di noi aveva il coraggio di dire “avanti, partite”, ma l’autista ha insistito ed è partito, e soprattutto… è arrivato. Non sappiamo come abbia fatto ! di sicuro, non c’eran solo le forze terrestri.


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Siamo arrivati anche noi a Kanyabayonga: la squadra di tecnici Ombeni, Katsuva, Msafiri e Abdon, nessuno col diploma statale. Bullonata la gru di 6 metri in 2…3 ore, l’abbiamo issata. Non sono mai stato in uno stadio, ma ho seguito le partite per televisione, tutti sappiamo cos’è un urlo globale quando si fa un goal; ebbene, fu proprio così sulla piazza di Kanyabayonga, quando la gru con una corda, tirata da non-so-quante braccia, si drizzò: “wheeee…”, e non era solo per un misero pallone gonfiato d’aria.


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Anche questa é una caratteristica africana: tu spiani una collina, sposti montagne di pietre, innalzi putrelle di centinaia di kili, le bulloni ad arte, fai scivolare su dei tronchi la turbina di 10-12 tonnellate, ti costruisci una strada, fai un ponte…, ridendo, gridando, danzando, battendo le mani; senza caschetto in testa o guantoni antinfortunio, senza dovere compilare un mucchio di cartacce timbrate, e soprattutto senza far disastri nella natura. Qualcuno è tentato di dire che è una società senza regole, non ancora civilizzata…


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E’ molto strano… ! L’Africa che in passato è stata schiacciata, schiavizzata, colonizzata,… ed oggi è sottoposta con violenza alle pressioni delle nazioni dominanti e ricche, e dalle istituzioni mondiali a partire da quelle dell’economia (banca mondiale & c.), della sanità (Oms), della scuola, ed altre… ebbene proprio quest’Africa le regole se le dà; ma sa dosarle saggiamente, ed umanamente. Forse è il caso di ripetere la frase di Franklin: Una società disposta a rinunciare ad una libertà essenziale per acquistare un po’ di sicurezza temporanea, non merita né l’una né l’altra, e le perderà entrambe. Una vera società di uomini non può diventare un alveare: – meravigliosa organizzazione bella da vedere, di fuori, – dove cola miele giallo come l’oro… ma : – dove una sola ape mangia la pappa reale, – uno solo feconda a nome di tutti, – una sola mette nell’arnia tutti i figli che vuole, e tutti gli altri “rigorosamente laboriosi” devon solo far funzionare la baracca. Chi diventa ape, e chi resta passerotto.


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Quant’è bello poter usare la nostra creatività di uomini liberi, come facevano i nostri nonni. In Africa si può, nonostante tutto. padiri G.

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